Hamer ha ragione e la medicina è sottosopra



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Sempre più spesso mi trovo a sentire storie di straordinaria follia con la sensazione che stiano diventando una quotidianità, alla quale sembra che la gente non sia più in grado né di ribellarsi né tanto meno di permettersi di denunciare, se non fosse altro per dimostrare che è ancora possibile percepire un divenire comune su questa terra per tutti gli abitanti, che in qualche modo deve essere salvaguardato. Poiché tutto quello che oggi ci passa accanto, magari anche solo sfiorandoci, domani potrebbe colpirci e lasciarci feriti anche mortalmente per terra, in un attimo.
È come se non ci importasse molto di quello che non ci coinvolge direttamente, ma addirittura, con l’intento di tenerlo lontano, siamo disposti a rivolgere lo sguardo altrove, con un atteggiamento quasi scaramantico, per tenerci a debita distanza da qualcosa che ci disturba e ci ferisce. Eppure siamo nell’Era dell’informazione, distorta o reale che sia, comunque nell’Era in cui è ragionevolmente possibile accedere anche a qualcosa di diversificato da ciò che propongono i media ufficiali, sempre che ci sia però la volontà di alzarsi dalla sedia, da quella sedia garantista di un’apparente comodità, proprio per superare quell’inerzia in cui le Istituzioni hanno vita facile.
Mentre scrivo è passato, da qualche tempo, il ciclone Eluana Englaro: come sempre deve accadere qualcosa di esagerato per smuovere gli animi della gente o per mobilitare una classe politica intrigante e addormentata nei confronti dei reali problemi della gente comune. Non voglio entrare nel merito del problema Eutanasia, ma se c'è una cosa che non potrò mai accettare, né oggi né mai, è l’incoerenza con la quale si gestiscono realtà come quella che è stato costretto a vivere il padre di Eluana.
Al di là di ogni scelta etica personale che ognuno di noi è libero di utilizzare in merito a questa vicenda, credo sia doveroso prendere consapevolezza che, mentre sono state fatte grosse resistenze perché Eluana non potesse avere la possibilità di lasciare questa vita terrena, giornalmente in Italia, e non solo in Italia, si espiantano organi non su cadaveri ma su persone vive, cioè con cuore che batte, circolazione pervia e perfettamente funzionante.
Persone dichiarate in ‘morte cerebrale’, cioè in ‘coma irreversibile’, unicamente per depistare la realtà dei fatti, da un équipe di tre medici che si prendono la libertà di decidere sulla vita di un’altra persona, senza avere alcuna certezza dell’impossibilità della stessa di tornare ad una vita di relazione.
A tale proposito si evidenzia come, in molti casi, sia già successo che al respingimento e alla mancata accettazione della diagnosi medica di “morte cerebrale” da parte dei familiari, sia seguito un risveglio del paziente che gli abbia ridato la possibilità di vivere una vita che altrimenti sarebbe stata violata dall’ignoranza e dalla presunzione di una terna medica, che si arroga dei diritti che sicuramente non dovrebbero appartenere alle prerogative dell’essere umano.
E come mai, mi chiedo, per Eluana, che era già da diciassette anni, in quella condizione di coma, sono state fatte tutte quelle resistenze? Dove sta il senso morale di rispettosa coerenza per la vita? Ma allora, anche per la salute la Legge non è uguale per tutti?
Muovendosi alla ricerca delle informazioni che ci permettono di essere un po’ più liberi di scegliere, potremo ritrovarci a sentire cose che hanno dell’incredibile. Sì, perché ormai i media, giornali o televisioni che siano, parlano solo una lingua, dicono le stesse cose, allo stesso modo, per cui è difficile risalire all’essenza dell’informazione stessa, spogliata di interpretazioni di parte.
Quando abbiamo a disposizione solo un’unica fonte d’informazione o più fonti che però dicono la stessa cosa, non siamo più liberi, ma solo costretti ad accettare il dictat “suggerito”: è come se andassimo in un ristorante ed il cameriere ci dicesse: “Oggi solo pastina in brodo”. .